Degli scienziati di Harvard hanno identificato un metodo per aiutare a ridurre i sintomi di autismo nei topi, una scoperta che potrebbe, un giorno, portare ad una nuova comprensione di come il disturbo colpisce il cervello degli esseri umani.
In uno studio pubblicato il 31 luglio su Neuron , Takao K. Hensch, professore di biologia molecolare cellulare e di neurologia, e Nadine Gogolla, capo del gruppo presso l’Istituto Max Planck di Neurobiologia in Germania, hanno scoperto che incrementando la funzione inibitoria nelle prime fasi dello sviluppo del cervello si potrebbe invertire il deficit di integrazione sensoriale associata ai sintomi di autismo.
Hensch riporta come “Nonostante un’ ampia evidenza di come l’insula [una regione del cervello] nell’uomo sia profondamente coinvolta nei tratti distintivi del cervello sociale, come l’empatia, il dolore, questo è il primo tentativo di caratterizzare il suo sviluppo in un modello sperimentale.
Lavorando nel laboratorio di Hensch, Gogolla ha sviluppato un sistema per visualizzare e quantificare l’ attività neuronale dell’insula dei topi nella fase di integrazione multisensoriale suono-tocco attraverso tecniche di imaging, grazie alla fluorescenza delle flavoproteins.
Il team di Hensch si è concentrato soprattutto sulla corteccia insulare nel cervello di un particolare tipo di topo, chiamato BTBR, che è spesso utilizzato come modello di autismo. I ricercatori hanno trovato che le cellule parvalbumin, un gruppo di inter-neuroni inibitori già sospettati di avere un ruolo importante nel disturbo dello spettro autistico e in altri disturbi psichiatrici, mostrano uno scarso livello dell’attività inibitoria e di quella elettrofisiologica.
Il team ha trattato i topi, poco dopo la nascita, con una benzodiazepina, ottenendo un effetto più forte dell’inibizione e impedendo il deficit di integrazione multisensoriale. Quando veniva somministrato invece lo stesso trattamento a topi adulti si è rilevato del tutto inefficace.
La scoperta suggerisce quindi che può esserci un periodo critico per la maturazione dell’ integrazione multisensoriale dell’ insula, cruciale per lo sviluppo sociale sano, e regolato da un equilibrio eccitatorio-inibitorio. Gli autori hanno notato che tale periodo critico coincide con l’emergere dei comportamenti del roditore inerenti al gioco sociale, i quali si riscontrano con le interazioni vocali e l’uso delle zampe anteriori.
Un ulteriore studio del periodo critico potrebbe aiutare i ricercatori a comprendere meglio la patologia di base del disturbo dello spettro autistico e di altri disturbi psichiatrici dove l’integrazione multisensoriale è deficitaria, e potrebbe infine portare allo sviluppo di nuove terapie o di bio-marcatori per una diagnosi precoce.
Curiosamente, i ricercatori hanno notato che, quando i giovani topi BTBR erano sotto l’effetto del trattamento per la multisensorialietà, il comportamento ripetitivo di grooming migliorava, tale comportamento è presente in numerosi modelli di autismo sviluppato nei topi.
Poiché i topi BTBR erano iper-reattivi al suono, ma mostravano una risposta dell’ insula più debole quando gli stimoli suono e tocco erano presentati insieme, il comportamento di grooming eccessivo – a lungo considerato come patologico – potrebbe in realtà essere una risposta adattativa. Hensch spera di analizzare se la stimolazione tattile volontaria, offerta da auto-grooming, è utilizzata per smorzare l’attività dell’insula incrementata da input uditivi o viscerali indesiderati , e se queste osservazioni possono fornire un nuovo punto di vista sui comportamenti ripetitivi e sulle anomalie di elaborazione sensoriale nel disturbo dello spettro autistico autismo.