Ciao a tutti e ancora una volta bentornati!
Nella precedente lezione abbiamo preso in considerazione le procedure per ridurre comportamenti problema basate sul rinforzo differenziale tramite il quale mandiamo in estinzione il comportamento problema (eliminando il rinforzatore) e parallelamente incrementiamo un comportamento alternativo desiderabile.
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Queste procedure risultano efficaci perché ci danno la possibilità di insegnare al bambino non soltanto “cosa non deve fare” ma anche “cosa è più opportuno che faccia”. In questa lezione ci focalizzeremo sulle procedure basate sulla punizione che vanno considerate “l’ultima spiaggia”, ovvero andrebbero utilizzate per comportamenti pericolosi (per il bimbo o per gli altri) per i quali le precedenti strategie non hanno funzionato.
Vanno comunque “combinate” insieme a procedure per incrementare comportamenti alternativi desiderabili. Un programma di modificazione comportamentale basato esclusivamente su strategie punitive è destinato a fallire oltre ad essere non corretto da un punto di vista etico.
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Come abbiamo più volte sottolineato, è la topografia che dobbiamo modificare di un comportamento problema. Dobbiamo sostituirlo con un comportamento più desiderabile che dia l’opportunità al bimbo di raggiungere lo stesso scopo! Inoltre per utilizzarle è assolutamente necessaria la supervisione di un esperto in analisi e modificazione del comportamento. Pertanto, più che mai per questa lezione è necessario “leggere attentamente le avvertenze”.
Questo perché la punizione tende ad evocare comportamenti aggressivi. Può fare si che le persone e le situazioni abbinate allo stimolo punitivo diventino stimoli punitivi condizionali.
Per questi motivi l’impiego della punizione è molto controverso. Ad ogni modo le norme deontologiche (BACB, 2004) ne regolano l’utilizzo.
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LA PUNIZIONE
Il principio della punizione afferma che se in una data situazione, un comportamento è seguito da uno stimolo punitivo, allora è meno probabile che quello stesso comportamento in situazioni simili si manifesti ancora.
La procedura consiste nel presentare immediatamente dopo il comportamento non desiderabile uno stimolo avversivo (punizione positiva- aggiungiamo qualcosa di negativo) o nel togliere uno stimolo piacevole (punizione negativa- sottraiamo qualcosa di positivo).
Se una persona riceve una multa salata (punizione positiva- “aggiungiamo” qualcosa di avversivo) e gli vengono sottratti dei punti dalla patente (punizione negativa- alla persona viene “sottratto” qualcosa che per la persona ha un valore positivo ) perché ha superato il limite di velocità è molto probabile che la prossima volta rispetti il limite.
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Questo esempio ci chiarisce come gli aggettivi “positivo” e “negativo” non hanno alcuna valenza etica ma indicano soltanto che l’effetto della punizione dipende dalla “posizione” dell’evento stimolo che nel primo caso (“positivo”) viene aggiunto alla situazione e nel secondo caso (“negativo”) viene sottratto. L’effetto di entrambi è comunque la riduzione di un comportamento.
Lo stesso dicasi per il rinforzo in cui l’aggettivo “positivo” indica che aggiungiamo un rinforzatore (Marco finisce i compiti e riceve il suo gelato preferito) mentre l’aggettivo “negativo” indica che sottraiamo uno stimolo avversivo (Abbiamo mal di testa, prendiamo una pillola e il mal di testa ci passa). In entrambi i casi l’effetto è un’incremento della frequenza della risposta (vedi lezione n.1).
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Ricapitolando:
PUNIZIONE POSITIVA E NEGATIVA RIDUCONO LA FREQUENZA DI UN COMPORTAMENTO
RINFORZO POSITIVO E NEGATIVO AUMENTANO LA FREQUENZA DI UN COMPORTAMENTO
Fate molta attenzione dunque a non confondere rinforzo negativo e punizione!
Uno stimolo punitivo (punisher) è un evento che, quando viene presentato immediatamente dopo un comportamento, ne provoca una riduzione in termini di frequenza. Alcuni stimoli possono sembrare punitivi mentre in realtà non lo sono. Molti genitori, per esempio, sgridano i loro bambini convinti di punirli. Ma in realtà, quando un comportamento problema ha la funzione di ottenere attenzione dall’adulto, non si riduce con i rimproveri che, al contrario, incrementano quel comportamento (vedi lezione n.4). Come per il rinforzatore, anche in questo caso sarà la performance del bambino che ci confermerà se uno stimolo è punitivo o meno: è punitivo se osserviamo una riduzione della frequenza del comportamento che lo precede. Come per i rinforzatori, è utile elaborare una “lista di punizioni” per potere variare e non mandarli in saturazione. Inoltre, affinchè sia efficace, occorre che lo stimolo punitivo sia presentato con la sua massima intensità già alla prima occasione. Presentare uno stimolo punitivo aumentando gradualmente la sua intensità desensibilizzerebbe il bimbo a quello stimolo rendendolo inefficace. Inoltre, deve essere presentabile immediatamente dopo il comportamento problema, ovvero, deve essere contingente e presentato ogni volta che si verifica il comportamento problema.
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Abbiamo diverse procedure che si basano sulla punizione.
PUNIZIONE INCONDIZIONALE
Con questa procedura presentiamo stimoli avversivi che attivano i recettori del dolore (punizione fisica come sculacciate, suoni molto forti, etc.) o altri recettori che evocano sensazioni spiacevoli. Si chiamano “incondizionali” perché sono stimoli che elicitano, ovvero provocano necessariamente, quel tipo di risposta, senza che ci sia stato un precedente condizionamento.
PUNIZIONE CONDIZIONALE:
Quando uno stimolo, inizialmente neutro, abbinato ripetutamente ad una punizione, finisce per acquisire le stesse capacità punitive (trasferimento funzionale da uno stimolo ad un altro). Per esempio i rimproveri verbali “Basta!”, “No!” spesso sono seguiti da una punizione (sculacciata) quando il bambino continua a manifestare il comportamento che li provoca. Dunque il rimprovero “Basta” da solo può elicitare la stessa risposta che otteniamo dopo la presentazione dello stimolo avversivo “sculacciata”.
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TIME OUT:
E’ una forma di punizione negativa poiché presuppone la rimozione del rinforzatore (SP-) in modo contingente al comportamento problema.
Più è piacevole per il bimbo l’ambiente in cui si trova o l’attività che sta svolgendo e più è probabile che questa procedura funzioni. A questo proposito, è necessario accertarsi che la funzione del comportamento problema non sia l’evitamento e che quindi la situazione o l’attività siano veramente rinforzanti per il bimbo. Altrimenti, allontanare il bimbo da quella situazione o eliminare quell’attivita’ percepite dal bimbo come avversive sarebbe per il bimbo, piuttosto che una punizione, una conseguenza positiva (rinforzo negativo) al suo comportamento e quindi al contrario lo andremmo ad incrementare! Nella nostra esperienza clinica abbiamo osservato diverse situazioni soprattutto nelle scuole in cui il bambino in seguito a comportamenti problema con funzione di evitamento del compito venivano portati fuori ed affidati ai bidelli che li intrattenevano in attività piacevoli come il disegnare o passeggiare per i corridoi. E’ chiaro che queste conseguenze non fanno altro che incrementare i comportamenti problema perché funzionali per il raggiungimento dello scopo del bimbo (evitare il compito). Dunque prima di scegliere una conseguenza al comportamento problema del bimbo (una procedura) è necessario individuarne la funzione con l’Analisi Funzionale (vedi lezione n.4).
Distinguiamo due tipi di time out, ovvero “con esclusione” e “senza esclusione”.
Nel primo caso,“con esclusione”, in seguito ad un comportamento problema il bambino viene allontanato da una situazione piacevole e condotto con un adulto (che non darà attenzione al bambino) in una situazione priva di rinforzatori (la “stanza del time out”) dove resterà per un periodo di tempo stabilito (fino a quando il bambino smette di manifestare il comportamento problema). Questa stanza dovrebbe essere sicura (priva di vetri e specchi e oggetti pericolosi) soprattutto in presenza di comportamenti auto/etero aggressivi.
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Nel secondo caso, “senza esclusione”, il bimbo non viene allontanato dalla situazione in cui si trova ma gli viene sottratto il rinforzatore. Per esempio, un bimbo in braccio all’adulto lo graffia quando quest’ultimo smette di fargli i “grattini” (la funzione del comportamento è continuare a ricevere i grattini) e l’adulto lo mette immediatamente giù. Oppure, un bimbo gira su se stesso durante un cartone che gli piace tanto e la mamma spegne immediatamente la tv. Oppure ancora, se un bimbo spinge un altro bimbo mentre giocano lo si fa sedere in una sedia (“sedia del time out”) ma sempre all’interno di quella stanza.
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IL COSTO DELLA RISPOSTA
Questa procedura implica che in seguito ad un comportamento non desiderabile venga sottratta al bimbo una specifica quantità di rinforzatore. Pensate all’esempio precedente in cui una persona che supera il limite di velocità riceve come “punizione” una sottrazione di punti dalla patente. Un altro esempio di “costo della risposta” lo troviamo nella “token economy” (che approfondiremo nelle successive lezioni) ovvero un programma di modificazione comportamentale in cui consegnamo al bimbo un gettone (rinforzatore condizionale) ogni volta che emette un comportamento desiderabile. Dopo avere ottenuto un numero stabilito di gettoni il bimbo può scambiarli con dei premi. Ma allo stesso tempo sottraiamo un gettone (costo della risposta) quando invece mette in atto un comportamento non desiderabile.
Anche per oggi può bastare, ci “vediamo” il prossimo lunedì!