Il DSM V definisce il Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) come un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da “Deficit nella reciprocità socio-emotiva: un approccio sociale anormale […] e/o un ridotto interesse nella condivisione degli interessi, emozioni, affetto e risposta” e “Deficit nei comportamenti comunicativi […] anormalità nel contatto oculare e nel linguaggio del corpo, o deficit nella comprensione e nell’uso della comunicazione non verbale, fino alla totale mancanza di espressività facciale e gestualità”.
L’obiettivo delle ricerche che sta portando avanti il gruppo dei PhD student dell’ODFLab, è esplorare le possibili cause di queste atipicità (studi sulla comprensione di movimenti emotivi e studi sui movimenti oculari), indagare come queste anomalie si ripercuotono sulla reciprocità relazionale tra genitore e bambino (studi sul pianto e sull’efficacia dell’interazione madre/padre-bambino) al fine di impostare interventi per migliorare le abilità sociali e relazionali dei bambini con ASD.
Comprensione dei movimenti emotivi
La comunicazione e le relazioni sociali dipendono da come percepiamo ed interpretiamo le azioni degli altri. A livello neurale esistono strutture deputate all’elaborazione specifica dei movimenti umani, in parte differenti da quelli che sottendono l’elaborazione del movimento degli oggetti. I movimenti del corpo veicolano un’ampia serie di informazioni sociali: identità, genere, significato dell’azione, intenzioni, emozioni. In soggetti a sviluppo tipico (TD), fin dalla nascita esiste una preferenza per il movimento umano ed una progressiva sensibilizzazione verso questa classe di stimoli, che non è presente nei bambini con ASD (Klin 2003; 2008; 2009). Il sistema visivo dell’uomo è plastico e la sua abilità nel percepire gli stimoli è modulata dall’esperienza, per cui tanto più facciamo esperienza del movimento umano, tanto migliore ne diventerà la sua elaborazione. Questo è vero per i movimenti non affettivi, ma qual è il contributo che il contenuto emotivo fornisce alla comprensione del movimento? E’ lo stesso per soggetti TD e ASD? La nostra ricerca è volta ad esplorare l’acquisizione e lo sviluppo di questa abilità dall’infanzia all’età adulta e di confrontare i trend evolutivi di soggetti a sviluppo tipico e atipico. Evidenziare eventuali disallineamenti evolutivi ci permetterebbe di intervenire tempestivamente, in quei periodi di sviluppo critici per l’acquisizione di queste specifiche abilità. Individuare il tipo di informazioni la cui elaborazione è difficoltosa (forma del corpo, movimento, contenuto emotivo, quale contenuto emotivo) permetterebbe di impostare un tipo di intervento mirato all’implementazione dell’elaborazione quella determinata classe di stimoli, utilizzando materiale finalizzato e specifico.
Al fine di sviluppare mezzi per migliorare l’esito a lungo termine della terapia, la tempistica della terapia e l’adattamento alle caratteristiche del bambino appaiono fondamentali. La ricerca attuale, dunque, si impegna nel rendere la diagnosi più precoce possibile e riconoscere altrettanto precocemente il livello risposta alla terapia.
Conoscere dove si guarda
L’eye-tracking non è altro che uno strumento per analizzare la distribuzione dello sguardo del soggetto. Studiare l’uso degli occhi da parte dei bambini in vari contesti permette di capire molti aspetti dei loro processi di apprendimento e sviluppo (Aslin, 2012). Una caratterizzazione dei movimenti oculari dei bambini con autismo è uno strumento promettente sia per la diagnosi precoce che per la stima della risposta alla terapia mentre essa viene portata avanti.
L’eye-tracker, lo strumento per il tracciamento degli occhi, è un sensore che registra gli spostamenti dello sguardo mentre il bambino osserva un video presentato sul monitor annesso. Gli stimoli presentati, rispetto ai quali si evidenziano differenze nella distribuzione, temporale e spaziale, dei movimenti oculari sono il più naturalistici possibili e consistono in un cartone animato o in una scena recitata da attori in carne ed ossa. Il contenuto presenta momenti di interazione e comunicazione, parlata o gestuale, che risultano difficoltosi da cogliere per il bambino con autismo nella vita reale. L’eye-tracking ha evidenziato deficit o profili atipici nell’orientamento dell’attenzione visuale verso stimoli di tipo sociale nei bambini con ASD; inoltre, alcuni ricercatori hanno riscontrato tali evidenze in bambini a rischio, quali i fratellini di bambini affetti da ASD, più precocemente di quanto non avvenga attualmente e abitualmente la diagnosi (Chawarska, Macari, & Shic, 2013).
Tra il 2008 e il 2013 hanno avuto luogo ben 32 studi di eye-tracking su bambini in età infantile e prescolare. I risultati incoraggiano l’esplorazione delle opportunità offerte da questo strumento, al fine di aggiungere un tassello al complesso quadro clinico e comportamentale dell’autismo.
Come batte il cuore quando si ascolta il pianto di un bambino con ASD
Una diversa prospettiva utilizza misurazioni comportamentali e fisiologiche per stimare l’effetto dello stimolo uditivo proveniente dal bambino sulle risposte emotive dei genitori di bambini con ASD e genitori di bambini con sviluppo tipico. In particolare ci interessiamo del grado di stress nella risposta delle mamme e dei papà nei confronti del pianto dei bambini con ASD. Il pianto è uno dei modi che i bambini usano per esprimere i loro sentimenti, bisogni e desideri. Il pianto del bambino coinvolge due agenti: il bambino che piange e la persona che si prende cura di lui, che ascolta il pianto, lo interpreta, e agisce a seconda di tale interpretazione (Venuti et al., 2012). In alcuni studi, si riferisce di adulti che hanno espresso sentimenti negativi rispetto al pianto e i vagiti dei bambini a sviluppo atipico non erano comprensibili, nel senso che i genitori non erano in grado di identificare facilmente la loro causa (Esposito & Venuti, 2008, 2010). In linea con queste evidenze, l’obbiettivo di questo nostro progetto è quello di esaminare le reazioni emotive e fisiologiche dei genitori di bambini con ASD e genitori di bambini con sviluppo tipico, indotte da pianti atipici e tipici. Questo studio potrebbe avere implicazioni nella comprensione delle percezioni dei genitori attraverso la via di comunicazione più importante usata dai bambini. Inoltre, questo studio potrebbe avere implicazioni a proposito dell’importanza del pianto come indicatore precoce di rischio durante la prima fase di sviluppo del bambino.
Inoltre, l’interesse risiede anche nel discernere se i genitori di bambini con ASD siano idonei per cogliere tempestivamente la qualità dell’interazione interpersonale, cioè l’interazione madre-bambino, che include i bambini con sviluppo tipico e la loro mamma, e bambini con ASD e le madri. In effetti, se sono in grado di riconoscere i segnali di un comportamento sociale anormale in bambino con o senza ASD. Questo studio potrebbe avere importanti implicazioni per l’obiettivo fondamentale di promuovere una diagnosi precoce di autismo. Se i genitori di bambini con ASD risultassero svantaggiati nel rilevare i segni del comportamento sociale anormale durante le interazioni genitore-figlio, un maggior peso andrebbe attribuito al parere di persone esterne al nucleo familiare, come il pediatra e gli educatori di scuola che, più che mai, potrebbero giocare un ruolo indispensabile nel preparare il terreno per ulteriori indagini e per un’eventuale diagnosi di autismo. Inoltre, l’indagine renderebbe contributi rilevanti per comprendere l’importanza della pratica parentale e migliorare gli interventi specifici che coinvolgono i genitori. Tali interventi potrebbero diventare ancora più efficaci, considerando le difficoltà che i genitori dei bambini con ASD potrebbero avere anche in campo sociale.