di Gianfranco Vitale
Non c’è giorno in cui non vengano proposti sulle pagine che si occupano di autismo documenti, relazioni, risoluzioni, petizioni, o. d . g., eccetera. Se ne fanno promotori movimenti, forum, gruppi, associazioni. “Ognuno” con la sua ricetta, “tutti” (come consuetudine) in ordine sparso.
È un bailamme di esortazioni, auspici, inviti, appelli, che i più arditi si spingono a chiamare “raccomandazioni per l’uscita dall’emergenza” e i più prudenti e realisti, purtroppo in minoranza, chiamano “dichiarazioni di principio”, su cui – se è vero che non si può che convenire – è altrettanto indiscutibile che lasciano sostanzialmente immutata la realtà imposta dal Covid -19.
Risultato? Confusione assoluta e comportamenti difformi di regione in regione. Alla faccia di un’idea condivisa di autismo e di una risposta comune a bisogni comuni.
Perché questo? Fondamentalmente la ragione principale risiede nel fatto che ciascuno vuole marcare il proprio territorio, non lasciando ad altri il centro della scena. Si tratta di questione di potere personale e/o di gruppo? Di voglia di intestarsi meriti e risultati? Di insopprimibile desiderio di mettersi in mostra e/o differenziarsi ad ogni costo? Non saprei dire…
In compenso pare interessare molto meno che così facendo lo scenario escluda di fatto i tantissimi familiari che, mai come in questo momento, sono prigionieri – insieme ai loro figli autistici – di un isolamento sociale e istituzionale di cui apprendiamo giorno dopo giorno i risvolti più drammatici.
Niente da fare: è una gara a chi taglia per primo il traguardo, senza comprendere che spintonandosi a vicenda rischiano tutti di arrivare secondi ex equo e di veder vincere qualcun altro. Il nostro avversario?
Io credo che questa poco edificante frammentazione non serva a nulla e anzi non possa che danneggiarci. Quando leggo che tutti i documenti hanno come destinatario il Presidente del Consiglio, o il Ministro della Salute, o il Governatore della regione, o il Prefetto (o magari tutti assieme appassionatamente) non capisco bene se siamo davanti a un teatrino o a qualcosa che gli si avvicina molto. Qualcuno ha idea di quanti documenti giacciono oggi sulla scrivania delle massime cariche dello Stato? O pensa che esista un filo rosso che collega palazzo Chigi (ad esempio) a chi produce a settimane alterne bellissimi documenti sulla condizione autistica? Siamo consapevoli che altre categorie legittimamente rivendicano ogni giorno pari attenzione e ascolto?
Se provassimo a rimettere i piedi per terra e a riaprire gli occhi ci scopriremmo in tutta la nostra inadeguatezza, in un’impotenza che è figlia – a mio parere – non solo della pandemia bastarda ma “anche” di una dose di supervalutazione di noi stessi e, per quanto possa apparire paradossale, di un settarismo e un’arroganza delle quali non riusciamo a liberarci.
Da soli andremo sempre a sbattere contro un muro di gomma. Al massimo qualcuno, grazie magari a un canale privilegiato, potrà sperare nella risposta formale di una segreteria che assicurerà che il tal dei tali (quasi sicuramente un politico) è molto sensibile a questo tema, e… non mancherà di occuparsene. Dubito molto che ciò possa avvenire. I motivi sono svariati: 1) l’estrema complessità del momento 2) i tempi biblici della politica 3) le eterne promesse sempre disattese e… 4) ciò che più conta: l’incoerenza di una linea che, incurante delle lezioni del passato, sacrifica ancora una volta il valore del “diritto” alla scorciatoia “dell’elemosina e del favore di un portaborse”.
Ecco perché si ripropone il tema di una scelta unitaria, di un intervento che – nel caso specifico del Coronavirus – se espresso con una voce sola assumerebbe ben altro impatto e forza contrattuale rispetto a un’esibizione stonata in cui a prevalere è la continua ricerca dell’assolo ad effetto.
Se personalità del mondo della scienza e dell’educazione speciale fossero disponibili a spendersi nell’elaborazione di un testo intorno al quale movimenti e associazioni non potrebbero che riconoscersi, pena l’allontanamento della loro base dii riferimento, ebbene questo sarebbe, questo è, il momento di farlo. Non c’è tempo da perdere.
Inevitabilmente questo tipo di documento, in quanto proveniente da personaggi di riconosciuta e collaudata caratura, oltre che compattare il fronte delle associazioni, difficilmente non potrebbe ricevere una favorevole accoglienza a livello statale, traducendosi in quegli atti, omogenei per tutto il territorio nazionale, che tutti auspichiamo in una congiuntura così difficile. Si porrebbe fine a divisioni e diffidenze, incomprensioni e malintesi.
Il mio umile appello è che queste prestigiose figure si adoperinoo perché le persone di buona volontà, che certamente sono in maggioranza in Angsa come in Fida come in altre associazioni, portino avanti una linea condivisa che ponga fine alla mesta liturgia di comunicati che si scimmiottano l’un l’altro senza approdare a nulla.