Karate per l’autismo

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La difficoltà che i soggetti con disturbo dello spettro autistico presentano nel campo delle abilità sociali, sono forse le avvisaglie più visibili di questa patologia.
Si definiscono le abilità sociali come quei comportamenti che conducono ad un appropriata interazione sociale.

Un interessante studio è stato pubblicato nel 2012 da un team di studiosi con sede in Iran, ad Isfahan, il quale si propone di verificare se le tecniche del Karate possano portare ad una diminuzione dei problemi in area sociale in soggetti con autismo.
La via maestra per l’apprendimento e la crescita in tutti i bambini è sicuramente il gioco, e se il gioco viene declinato anche nell’ambito sportivo, allora il bambino viene esposto ad una potentissima e positiva miscela di nozioni, molto utili per una crescita sana.
In questo contesto lo studio si propone quindi di studiare l’effetto di questa antica pratica in soggetti con disturbo dello spettro autistico.

L’ipotesi di lavoro riguarda un possibile miglioramento dei deficit in area sociale in questi soggetti dopo un training di 14 settimane, e tale training viene svolto da un insegnante di Karate preparato a lavorare con l’autismo.
Il training prevede l’insegnamento del primo Kata (Heian Shodan), ossia una serie di tecniche di attacco e difesa con gli arti superiori ed inferiori, concatenate tra loro da eseguire da soli.
Il gruppo sperimentale dunque viene sottoposto ad allenamento specifico per 14 settimane, mentre il gruppo di controllo non viene sottoposto a nessun allenamento.

Gli autori dello studio ipotizzano inoltre che i miglioramenti ottenuti possano essere mantenuti anche un mese dopo la fine del training.
I gruppi di ragazzi partecipanti allo studio sono formati da:
30 soggetti, di cui 26 maschi e 4 femmine, tra i 5 fino ai 16 anni di età.
Il training ha una durata di 4 allenamenti a settimana per un totale di 14 settimane.
I risultati mostrano come nella scala relativa alle abilità sociali (social interaction subscale of Gilliam Autism Rating Scale-Second Edition) solo i soggetti appartenenti al gruppo sperimentale mostrano un forte decremento delle disfunzioni in ambito sociale, come la resistenza al contatto fisico, il ritiro sociale e la scarsa imitazione.

Gli studiosi considerano il decremento delle disabilità sociali come diretta conseguenza  dell’esercizio fisico.
In particolare, dato che lo studio si è concentrato sul Karate e non sull’attività fisica in senso ampio, mi preme puntualizzare un aspetto importante.
La pratica del Karate passa attraverso 3 fasi, ossia il Kyon, il Kata e il Kumite.
Il Kyon riguarda una serie di tecniche che possono variare da allenamento ad allenamento, il cui significato è di abituarsi ad eseguire la tecnica nel modo migliore possibile utilizzando tutti i segmenti corporei in modo armonico ed efficace.
Il Kata è relativo ad un insieme fisso di tecniche codificate da eseguire in successione, attraverso diversi livelli di difficoltà creascente.
Il Kumite invece è il combattimento che avviene a viso aperto tra due atleti.
L’aspetto fondamentale nel campo dei disturbi dello spettro autistico è che sia il Kyon che il Kata vengono allenati singolarmente rispettando i tempi e le caratteristiche psicofisiche di ognuno, ossia durante la pratica non si è obbligati ad interagire con nessuno, a parte ovviamente con l’insegnante che sapientemente deve adattare l’allenamento agli allievi.
Viene così rispettata una caratteristica fondamentale dell’autismo e, così facendo, si può insegnare il Karate rimanendo aderenti alle caratteristiche di ognuno.
Inoltre la sequenzialità e la ripetitività con una quota di caos, dovuta all’interazione con gli altri e all’apprendimento del gesto, davvero minima, divengono una base sicura per quei soggetti che hanno difficoltà nella pianificazione delle azioni e presentano un buon grado di rigidità cognitiva, come appunto nell’autismo.
Concludendo, l’esercizio fisico e la partecipazione all’attività sportiva sono fondamentali nello sviluppo di tutti i bambini, sia con sviluppo tipico che atipico.
Gli autori di questo studio sottolineano come, alla luce dei risultati, l’attività fisica, compresa la pratica di un’arte marziale, porti ad un significativo miglioramento nello sviluppo delle abilità sociali.
Il senso di auto efficacia e la fiducia in sé stessi sono cruciali nell’interazione con gli altri, ed esse vengono sviluppate e potenziate con l’attività fisica.
La partecipazione ad attività sportive offre eccezionali opportunità che si ripercuotono positivamente nella connessione sociale, nella coesione nel gruppo e nell’amicizia tra i pari.
Lo sviluppo di tali abilità, in soggetti con severe difficoltà ad intraprendere spontaneamente relazioni sociali, conducono ad un aumento di abilità nell’area sociale che possono anche espandersi in altri campi, andando così a rafforzare ampiamente lo sviluppo,la crescita e soprattutto il benessere del bambino.