L’ipersensibilità sembra essere una dei principali sintomi che possono manifestarsi nei bambini con ASD: i suoni che solitamente sono prodotti dagli oggetti quotidiani, come il ticchettio di un orologio o un rubinetto sgocciolante, dominano l’ambiente, il tatto dei materiali e delle superfici degli oggetti è più evidente e la vista è più vivida. Tutti questi stimoli, anche se non necessariamente tutti insieme, bombardano in ogni momento la mente di chi, all’interno dello spettro, presenta un’ipersensibilità. In un recente studio è stato trovato che, analizzando i movimenti oculari nei bambini, si potrebbe avere un indicatore precoce dei sintomi dell’autismo.
Nello studio, condotto al Medical Research Council, è stato trovato che bambini con un’alta familiarità ed un elevato rischio di ASD mantenevano il loro punto di fissazione su un’immagine specifica per minor tempo rispetto al gruppo a basso rischio. In altre parole, mentre nel gruppo a basso rischio i movimenti oculari avvenivano circa due volte ogni secondo, in quello ad alto rischio avvenivano invece tre volte per secondo. Inoltre, analizzando in dettaglio i due gruppi, si è notato che i bambini con alto rischio tendevano a muovere gli occhi frequentemente e secondo un pattern ripetitivo e coerente. Solitamente invece, i movimenti oculari sono caratterizzati da una fase iniziale di scanning (con frequenti movimenti) e successivamente da una fase più lenta in cui le informazioni vengono processate ed elaborate.
E’ importante sottolineare che la ricerca mostra solamente la presenza di una correlazione tra i movimenti oculari e l’ASD, in nessun caso infatti, l’analisi dei movimenti oculari può garantire che un bambino svilupperà un disturbo dello spettro. In ogni caso, questo pattern di movimenti oculari può essere utilizzato come un segnale d’allarme precoce dell’autismo. “Siamo ancora ad un passo iniziale nel capire cosa vogliono veramente dire questi risultati” dice il Dottor Sam Wass, autore della ricerca, e aggiunge che “gli adulti con autismo delle volte possono processare le informazioni visive più rapidamente rispetto alle altre persone e forse questo è accaduto anche per i bambini nel nostro studio.” Le persone con ASD, comunque, non sviluppano sempre ipersensibilità, qualche volta infatti sono all’opposto del continuum, ossia iposensibili. In questa condizione, un bambino non risponde agli stimoli sensoriali presenti nell’ambiente, come per esempio nel caso in cui venga chiamato per nome. Nel caso specifico della vista, “ può essere che questi bambini abbiano bisogno di un alto livello di stimolazione : per questo i loro movimenti oculari sono più frequenti, per avere più stimolazione”, “oppure, potrebbe essere che quando guardano qualcosa non siano coinvolti con questo allo stesso modo che tendono a fare altri bambini”.
I ricercatori hanno raggiunto questi risultati utilizzando una tecnologia di eye-tracking per misurare i movimenti oculari in circa 100 bambini tra i 6 e i 10 mesi (metà dei quali avevano un alto rischio di familiarità e l’altra metà un basso rischio di familiarità) . In contemporanea alla presentazione di 5 immagini diverse (una faccia, un telefono, un uccello, una macchina e una faccia criptata) avveniva la registrazione dei movimenti oculari e veniva valutato il grado di coinvolgimento con queste immagini. 36 mesi più tardi, è stato notato che i bambini ad alto rischio, che presentavano movimenti oculari più frequenti, erano anche quelli che soddisfacevano i criteri per una diagnosi di ASD.
Questi risultati sono molto importanti perché prima si riesce a fare una diagnosi e prima si può cominciare un trattamento. Altri studi hanno mostrato che la tecnologia di eye-tracking potrebbe aiutare la diagnosi precoce nei bambini, poiché la maggior parte di loro ricevono una diagnosi intorno ai 2-3 anni, quando emergono i sintomi più ovvi. Gli studi, così come uno del 2011, hanno mostrato che terapie comportamentali precoci possono migliorare le capacità di linguaggio, le abilità cognitive, così come le capacità comunicative e sociali, e possono ridurre inoltre ansia e aggressività.
“Questa ricerca è qualcosa di aggiuntivo rispetto all’evidenza delle differenze comportamentali e cerebrali che indicano se un neonato presenta un elevato rischio per l’autismo” ha detto il dottor Simon Wallace, ricercatore che ha collaborato allo studio. “I genitori sono spesso consapevoli che i loro bambini si comportano in maniera differente già da quando sono molto piccoli ma continuano ad aspettare di ricevere una diagnosi e noi speriamo che questa ricerca potrà permettere di migliorare l’identificazione e la diagnosi dell’autismo”.
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