Nelle tre precedenti lezioni abbiamo più volte sottolineato l’Analisi che Skinner fa del comportamento umano che egli sostiene essere sotto il controllo di variabili antecedenti e conseguenti.
La scienza che ne deriva studia la relazione tra queste variabili e ha come fine la previsione e il controllo.
Egli afferma che qualsiasi comportamento (B) è evocato da fattori antecedenti (A) e mantenuto dalle conseguenze (C) che lo stesso comportamento ha sull’ambiente.
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Questa è la contingenza a tre termini (antecedente, comportamento, conseguenza) all’interno della quale possiamo studiare il comportamento e modificarlo manipolando queste variabili.
Secondo il principio del “rinforzo” se un comportamento porta a delle conseguenze positive allora aumenta la probabilità che in futuro ed in situazioni analoghe quello stesso comportamento si manifesti nuovamente. Diversamente ne osserviamo una riduzione.
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Ogni comportamento ha una specifica funzione. Se il bambino raggiunge il suo scopo dopo avere emesso un determinato comportamento, egli impara che quel comportamento è per lui “funzionale” per ottenere qualcosa di cui ha bisogno o che desidera.
Bimbi con autismo, avendo difficoltà a comunicare i loro bisogni e desideri, spesso mettono in atto dei comportamenti problema che l’ambiente “rinforza” non consapevolmente.
Nella storia di apprendimento di questi bimbi questo tipo di contingenza è molto frequente. Come abbiamo più volte sottolineato, bimbi con autismo non nascono con “comportamenti problema”.
Semplicemente, non avendo alternative nel loro “repertorio comportamentale” mettono in atto comportamenti (piangere, gridare, mordersi) per loro più semplici.
Se poi l’ambiente (genitori, insegnanti, nonni, compagni, etc.) in qualche modo li “accontenta” ecco che imparano un comportamento che per loro è funzionale per “controllare” l’ambiente”.
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La prima cosa da fare, pertanto, in un programma di modificazione comportamentale è quella di Osservare e Analizzare il comportamento all’interno della contingenza a tre termini al fine di individuarne i fattori di mantenimento.
Bisogna quindi studiare la relazione funzionale tra variabili antecedenti e conseguenti di cui il comportamento è funzione. Solo successivamente è possibile scegliere le più opportune procedure per modificarlo.
Modificheremo quindi la “topografia” (la forma) di quel comportamento, lo “sostituiamo” con un altro comportamento più desiderabile ma con la stessa funzione.
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In altre parole diamo al bimbo/ragazzo un’alternativa. Se per esempio il comportamento problema di un bimbo (piangere) ha una “intenzionalità comunicativa”, vuole richiederci per esempio una cosa che desidera, gli insegneremo a farlo con un altro comportamento (mand- vedi precedenti lezioni sul verbal behavior) con diversa topografia ma uguale funzione che rinforzeremo e, parallelamente, manderemo in estinzione il comportamento problema.
In questa prima parte della lezione ci focalizzeremo sugli stumenti per analizzare il comportamento problema, ovvero sull’ ASSESSMENT OSSERVATIVO o descrittivo e sull’ ANALISI FUNZIONALE SPERIMENTALE.
Successivamente ci focalizzeremo sulle principali “cause” (sarebbe più corretto dire, secondo Skinner, “funzioni”) dei comportamenti problematici.
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Nella seconda parte, oggetto della prossima quinta lezione, approfondiremo le procedure per ridurre i comportamenti problema da applicare a seconda del fattore di mantenimento del comportamento problema che abbiamo individuato.
COS’E’ UN COMPORTAMENTO PROBLEMA?
Con questo termine ci riferiamo a quei comportamenti che creano difficoltà al bimbo/ragazzo, agli altri o all’ambiente, che costituiscono una barriera all’insegnamento e all’apprendimento, che compromettono significativamente l’interazione sociale e quindi l’integrazione (stereotipie, comportamenti auto ed etero aggressivi sono soltanto alcuni esempi di comportamenti problema).
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Quando osserviamo e registriamo un comportamento problema dobbiamo stare attenti a definire il comportamento in termini “operazionali”. Dobbiamo utilizzare quindi un linguaggio descrittivo. Per es. non utilizzare mai etichette generali (“e’ aggressivo”, “si è innervosito”) ma scriviamo quello che il bimbo/ragazzo fa (es. “grida, lancia il quaderno”, “avvicina la mano alla bocca e comincia a mordersela”). Questo ci permette di potere misurare il comportamento e di individuarne i precursori.
Ci sono 5 dimendioni del comportamento che possiamo misurare e modificare (vedi lezione n. 2): la TOPOGRAFIA (cosa fa?), LA FREQUENZA (quante volte lo fa in un determinato periodo di tempo?), LA DURATA (per quanto tempo lo fa?), L’INTENSITA’ (quanto è “forte” questo comportamento?), IL TEMPO DI REAZIONE (quanto tempo passa tra la presentazione dello stimolo e la risposta?).
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Questi sono i nostri paramentri di riferimento che andremo a registrare per costruire la “situazione di partenza” del bimbo/ragazzo o BASELINE (prima dell’intervento comportamentale). Questo è il grande vantaggio dell’Approccio
Comportamentale: considerare i problemi in termini di comportamenti misurabili e utilizzare le modificazioni in tali misurazioni come indice del grado di risoluzione del problema.
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ASSESSMENT OSSERVATIVO (ABC)
Presupposto di questo strumento è che ogni comportamento problematico ha una funzione, uno scopo ben preciso: ottenere o evitare qualcosa. Questa analisi descrittiva del comportamento problema ci permette di formulare delle ipotesi circa la funzione del comportamento problema. Individuare la funzione di un comportamento problema è essenziale per elaborare un programma di modificazione comportamentale. Con questo strumento registriamo i dati che osserviamo su una scheda (ABC) organizzata su tre colonne.
Nella colonna centrale (B) scriviamo cosa fa il bimbo/ragazzo, il suo comportamento.
Nella colonna di sinistra (A) scriviamo gli antecedenti, cosa è successo prima.
Nella colonna di destra (C) invece scriviamo le conseguenze, cosa è successo dopo.
Registriamo anche la data, l’orario, il luogo e le persone presenti poiché sono informazioni importanti: se per esempio il comportamento si presenza con regolarità sempre ad un certo orario o solo con una determinata persona o solo in un certo luogo, queste possono essere variabili da tenere in considerazione per le nostre ipotesi.
COME COMPILARE LA SCHEDA ABC
Facciamo finta che state osservando questo episodio e dovete riportare i dati sulla scheda:
Beatrice e la mamma entrano in un negozio di giocattoli. Beatrice vede la casetta di Peppa Pig e dice alla mamma “me la compri, me la compri!! Ti prego!”. La mamma le dice “no, oggi non compreremo nulla”. Beatrice comincia a piangere. La mamma invita Beatrice a smetterla di piangere. Beatrice piange più forte e si butta per terra e comincia a gridare. La mamma, imbarazzata per gli sguardi indiscreti delle persone presenti dice alla bimba: “va bene, ma solo per questa volta!”. La bimba smette di piangere.
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ANTECEDENTE (A) COMPORTAMENTO (B) CONSEGUENZA (C)
In questo caso è abbastanza evidente come il comportamento di Beatrice abbia una specifica funzione, ovvero ottenere una cosa che desidera. Il fattore di mantenimento in questo caso è il rinforzo positivo perché alla fine la bimba ottiene ciò che vuole (SR+). E’ molto probabile che in futuro, quando Beatrice e la mamma andranno un’altra volta in un negozio di giocattoli la bimba si comporterà in questo modo perché in passato è stato per lei funzionale per raggiungere il suo scopo.
I comportamenti problema possono avere diverse funzioni e, quindi, essere mantenuti da diversi fattori:
COMPORTAMENTI MANTENUTI DALL’ACCESSO A QUALCOSA: IL BIMBO VUOLE QUALCOSA E LA OTTIENE (RINFORZO POSITIVO)
Come nel caso di Beatrice, l’evento o l’oggetto desiderato è ottenuto tramite la mediazione dell’adulto che, in seguito al comportamento del bimbo/ragazzo, rende disponibile l’accesso al rinforzatore SR+ (gioco, cibo, etc.). Bimbi/ragazzi con difficoltà nella comunicazione spesso ricorrono a comportamenti problema (che hanno un’intenzionalità comunicativa) per avere accesso al rinforzatore.
Pertanto è necessario in questo caso insegnare al bimbo/ragazzo a fare richieste verbali (mand), incrementare quindi il repertorio verbale per fornire un’alternativa desiderabile con la stessa funzione. Manipoliamo l’antecedente (difficoltà nella comunicazione) e la conseguenza (diamo il rinforzatore solo dopo il comportamento alternativo desiderabile verbale).
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COMPORTAMENTI PROBLEMA MANTENUTI DALL’ATTENZIONE DEGLI ALTRI: IL BIMBO DESIDERA L’ATTENZIONE DEGLI ALTRI E LA OTTIENE
Ci sono degli indicatori che ci fanno ipotizzare che il comportamento problema sia mantenuto dall’attenzione degli altri: 1) l ’attenzione segue il comportamento; 2) il bimbo guarda o si avvicina all’adulto immediatamente prima di emettere il comportamento; 3) il bimbo solitamente sorride prima di mettere in atto il comportamento.
In questo caso bisogna soddisfare questo bisogno di attenzione nel momento in cui il bimbo mette in atto comportamenti alternativi adeguati e ignorarlo quando mette in atto comportamenti problema (DRO; DRI; STIMULUS CONTROL che approfondiremo nella quinta lezione dedicata alle procedure per ridurre i comportamenti problema).
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COMPORTAMENTI MANTENUTI DALL’AUTOSTIMOLAZIONE (RINFORZO AUTOMATICO)
I bimbi con autismo hanno un deficit sensoriale, motivo per cui spesso si auto stimolano per ridurre la “deprivazione sensoriale”. Così per esempio girano su loro stessi per avere sensazioni vestibolari, muovono velocemente le mani davanti gli occhi per vedere la “scia”che il movimento produce.
Pertanto le auto stimolazioni provocano delle piacevoli conseguenze sensoriali su cui noi possiamo fare ben poco.
Presupposto della procedura dell’estinzione (che approfondiremo nella prossima lezione) è infatti l’eliminazione del rinforzatore. In questo caso il rinforzatore proviene dal corpo del bimbo e quindi non possiamo eliminarlo.
Non possiamo manipolare le conseguenze di quel comportamento. Quello che possiamo fare è arricchire il suo ambiente circostante di stimoli (giochi divertenti, attività piacevoli) che dobbiamo fare diventare più divertente e interessante delle sue auto stimolazioni. Manipoliamo l’antecedente “deprivazione sensoriale”.
Per esempio, un bimbo che ama le sensazioni vestibolari potrebbe essere interessato ad attività come l’altalena, il tappeto elastico, essere trascinato dentro una coperta, etc. tutto sotto il controllo educativo dell’adulto che può sfruttare la motivazione del bimbo ad emettere mand (per es. dire “TIRA!” per essere trascinato sulla coperta o “VIA” per essere spinto sull’altalena o “SALTA!” per saltare sul tappeto elastico.
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Quando comportamenti stereotipati (es. ripetere pezzi di cartoni animati) costituiscono un’interferenza per l’insegnamento e l’apprendimento possiamo creare un “angolo delle stereotipie” visivamente delimitato (con nastro adesivo colorato sul pavimento) all’interno del quale si concede al bimbo di auto stimolarsi per un periodo di tempo limitato.
Il bimbo impara che solo lì e in quel momento gli è consentito farlo (SD/S∆). Così gli diamo la possibilità di “ricaricarsi le batterie” e poi si torna al lavoro. In alcuni casi questo accesso all’autostimolazione può essere utilizzato come rinforzatore. Il bimbo finisce un’attività in modo corretto e gli si da accesso all’angolo delle stereotipie.
COMPORTAMENTI MANTENUTI DALL’EVITAMENTO DI UNA RICHIESTA: IL BIMBO NON VUOLE FARE UNA COSA E RIESCE AD EVITARLA (RINFORZO NEGATIVO)
In questo caso il comportamento del bimbo è funzionale per evitare una determinata richiesta non gradita che gli fa l’adulto (SR-).
Il bimbo infatti mette in atto il comportamento problema solo quando gli vengono fatte richieste di un certo tipo, quando gli si presentano determinate attività. Dunque dobbiamo insegnare al bimbo che quando è stanco, quando ha difficoltà, può chiedere una pausa o l’interruzione di un’attività con un comportamento più funzionale (mand).
Parallelamente chiediamoci perché quell’attività è sgradita al bimbo. E’ un’attività che fa da troppo tempo e si è stufato? Sta male? È troppo difficile per lui? Se la risposta a queste domande è no, allora possiamo lavorare per trasformare un’attività poco gradita in un’attività piacevole accoppiandola a qualcosa che piace tanto al bimbo: condizioniamo quell’attività (pairing stimulus stimulus).
ANALISI FUNZIONALE SPERIMENTALE
Mentre durante l’assessment osservativo descriviamo e registriamo cosa succede prima il comportamento problema e cosa succede dopo sulla scheda ABC e facciamo delle ipotesi sui possibili fattori di mantenimento, con l’Analisi Funzionale Sperimentale verifichiamo queste ipotesi manipoliamo direttamente le variabili antecedenti e conseguenti che si ipotizza provochino o mantengano il comportamento problema.
Si creano situazioni “artificiali” analoghe a quelle naturali nelle quali viene “innescato”, “acceso”, “provocato” il comportamento problema che si vuole analizzare. Se riusciamo ad “accendere” e “spegnere” il comportamento problema manipolando le variabili, allora abbiamo verificato la nostra ipotesi. A tal fine si strutturano le seguenti situazioni sperimentali:
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SITUAZIONE DI NECESSITA’ DI ATTENZIONE: in questa situazione si costruisce una contingenza tra il comportamento problema del bimbo/ragazzo e l’accesso all’attenzione dell’adulto. Il bimbo/ragazzo e l’adulto sono in una stanza piena di rinforzatori. Si crea una situazione in cui il bimbo/ragazzo possa avere bisogno dell’attenzione dell’adulto (per esempio per potere svolgere un’attività). L’adulto fa finta di essere impegnato in qualcosa e non considera il bimbo. L’adulto rivolge l’attenzione al bimbo/ragazzo (anche sotto forma di rimprovero) solo in seguito al comportamento inadeguato. Tutti gli altri comportamenti vengono quindi ignorati. In questo caso, se riusciamo ad “accendere” il comportamento problema non dando attenzione al bimbo e a “spegnerlo” dandogli attenzione, possiamo asserire che il comportamento problema è mantenuto da questo fattore (rinforzo positivo).
SITUAZIONE DI EVITAMENTO DI UNO STIMOLO AVVERSIVO: in questa situazione l’adulto presenta al bimbo/ragazzo un’attività non gradita che possa accendere un comportamento problema. Appena il bimbo/ragazzo mette in atto il comportamento inadeguato.
Basta anche fermarsi ad un suo precursore, non importa arrivare alla massima intensità del comportamento problema soprattutto con comportamenti aggressivi verso se e verso gli altri e con ragazzi più grandi. Per esempio non occorre aspettare che il bimbo si morda la mano ma possiamo fermarci al momento in cui avvicina la mano alla bocca e spegnere il comportamento. L’adulto interrompe l’attività (per 30 secondi). Se il comportamento problema si spegne in seguito all’interruzione dell’attività, abbiamo verificato l’ipotesi che il comportamento problema è mantenuto dall’evitamento (rinforzo negativo).
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SITUAZIONE DI DESIDERIO DI UN RINFORZATORE TANGIBILE: in questa situazione l’adulto consegna al bimbo un gioco preferito e dopo qualche minuto lo toglie. L’adulto consegna il gioco al bimbo in seguito al comportamento problema . Se questo si interrompe, la nostra ipotesi è corretta.
SITUAZIONE DI DEPRIVAZIONE DI STIMOLI: questa situazione ci aiuta a verificare l’ipotesi che il comportamento problema abbia una funzione autostimolatoria.
In un primo momento il bimbo è solo in una stanza priva di stimoli. In un secondo momento invece è in una stanza con l’adulto con cui è impegnato in giochi e attività molto gradite. Se i comportamenti problema si manifestano nel primo caso e non nel secondo (o comunque con una frequenza significativamente inferiore) allora possiamo asserire che il comportamento problema è mantenuto da rinforzo automatico.
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E’ importante sottolineare che un comportamento che nasce con una determinata funzione e in un determinato contesto potrebbe con il passare del tempo generare altre conseguenze positive per il bimbo e avere quindi più funzioni ed essere mantenuto da diversi fattori. Per esempio le stereotipie che solitamente sono mantenute dal rinforzo automatico potrebbero avere anche la funzione di ricevere attenzione quando il genitore, che non sopporta vedere il bimbo che si auto stimola, si rivolge a lui con più frequenza in quella situazione, rimproverandolo al fine di bloccarlo.
Prima di iniziare un intervento comportamentale è utile fare una lista dei comportamenti problema e iniziare a lavorare su un comportamento alla volta affinchè l’intervento possa essere sostenibile dalla famiglia , dalla scuola e da tutte le altre agenzie educative che ruotano attorno al bimbo per garantire la necessaria coerenza educativa per la riuscita dell’intervento.
Sui comportamenti messi in “lista di attesa possiamo intervenire “gestendo” più che modificando il comportamento. Una volta individuati i fattori di mantenimento e le situazioni scatenanti il comportamento possiamo infatti “prevenirli”.
Anche questa lezione è finita, ci “rivediamo il prossimo lunedì con le procedure per ridurre i comportamento problema! Buono studio!